L’obbligo di redazione di un piano di emergenza, nell’ambito degli operatori finanziari e nei settori ad alta regolamentazione, è già disciplinato da svariati anni. Per i fondi pensione tale obbligo è stato istituito in occasione dell’entrata in vigore della riforma IORP II. A quasi un triennio dall’entrata in vigore delle norme, si può cominciare a fare un bilancio e a trarre le necessarie conclusioni.
Sempre più spesso, il moltiplicarsi degli adempimenti che generano atti documentali rischiano di tradursi in meri esercizi di forma che, nella pratica, potrebbero non produrre alcuna utilità. Se, al contrario, si prova a cogliere la ratio e le reali finalità dell’adempimento possono anche prodursi effetti positivi e si può riuscire a gestire meglio dei rischi poco probabili ma fortemente rilevanti, in termini di gravità, laddove si manifestino.
In quest’ottica, la crisi pandemica che abbiamo da poco superato, le sempre più frequenti emergenze climatiche, aiutano a comprendere la portata pratica di un adempimento che – in condizioni di normalità – può sembrare meramente formale. Per dare “sostanza alla forma” ci permettiamo di segnalare alcuni accorgimenti che, nella nostra personale esperienza di lavoro coi fondi pensione, possono fare la differenza tra un “bel documento” ed un “documento utile”:
- Il piano di emergenza deve risultare di facile attuazione e pienamente conosciuto da tutti i soggetti coinvolti. Provate a far leggere il documento ad una risorsa junior del vostro fondo; se non comprende cosa, come e quando farlo probabilmente va rivisto;
- il documento deve essere fortemente operativo (deve spiegare esattamente cosa fare al ricorrere di determinati eventi) ed immediatamente fruibile anche da un soggetto che non conosca tutti i meccanismi operativi del fondo pensione stesso;
- I processi per i quali va immediatamente ristabilita l’operatività non rappresentano la totalità delle attività del fondo. Va quindi condotta una specifica selezione andando a cogliere quali sono i servizi essenziali e quali risultano, invece, ancillari ed sospendibili in situazioni di emergenza. Ciò implica che le vere domande da porsi sono (è indispensabile quel servizio in un momento di crisi ?);
- I soggetti esterni al Fondo identificati come “esternalizzazione” hanno l’onere di redigere un proprio piano e rispetto a questo il fondo ne deve valutare l’efficacia (per il tramite della funzione di revisione interna). se le tempistiche di ripristino sono legate ad un soggetto esterno, quanto indicato nel mio documento deve essere coerente con i livelli di servizio da questo garantiti in questo senso ci si pone anche un’altra domanda: il mio fornitore ha previsto un ripristino dell’operatività in tempi adeguati rispetto alle mie esigenze?;
- Devono essere previsti dei riferimenti chiari dei soggetti a cui rivolgersi (nomi, numeri di telefono ecc….) il soggetto che si trova a gestire l’emergenza potrebbe essere a conoscenza dei referenti da contattare.
- Dopo averlo letto, devo essere in grado di rispondere alle seguenti domande:
- Quali sono gli eventi identificati come scenari di crisi?
- Quali sono i processi del Fondo che devono comunque essere garantiti in una crisi ?
- Cosa devo fare ed in che tempi?
- Chi devo coinvolgere?